venerdì 23 giugno 2017

LAVAREDO ULTRA TRAIL 2017

I giorni che precedono venerdì 23 giugno sono una specie di agonia, il tendine mi mette in uno stato di tensioni (scusate il gioco di parole) che si sta amplificando in maniera pericolosa. E così fino momento di raggiungere Cortina, ritirare il pettorale... Fortunatamente il clima "gara" ed i tanti amici che ritrovo in queste occasioni speciali sciolgono il nervosismo, e tra un bianco ed una birretta in centro il momento del riposo e della preparazione prendono un risvolto più sereno.
Ore 22:15. Mi alzo dopo aver passato un paio di orette disteso a rilassare le gambe. Tutto è pronto, zaino ridotto all'osso, materiale obbligatorio, scorte di cibo, secondo zaino per la mia assistenza gara.
Cosa manca? Collegare la testa e si, forse ci siamo, anche perché distratto come sono dalla folla di atleti in Corso Italia cerco di fare attenzione ed evitare di essere travolto alla partenza, magari finendo al punto medico prima del previsto.
Partenza su asfalto per avvicinarsi ai sentieri e quindi alle salite, ed ecco il piede che invia al sistema nervoso un piccolo segnale della presenza di un certo dolorino sulla caviglia. Però curioso perché è l'opposta a quella che mi faceva male fino a qualche giorno prima. Che sia un problema di riflesso dovuto involontariamente ad un carico sbagliato? Potrebbe essere. Potrebbe, condizionali a tutto spiano.
L'ANSIA
Questo pensare e ripensare, cercare ogni minimo segnale di allarme, innesca un meccanismo che sembra quasi voglia farmi fermare il prima possibile, trasmettendo il primo pericoloso messaggio "al primo ristoro ritirati". Che?? Siamo neanche fuori? Alla prima discesa ti sembrano cose da dire? Ecco un ragazzo che si è appena girato una caviglia, gara probabilmente finita per lui (e mi dispiace molto perché chi è qui per raggiungere questo obiettivo si sta allenando da mesi, tanti arrivano dall'altro lato del globo per correre sulle Dolomiti, ed hanno un solo obiettivo...), ma noi possiamo ancora parlarne.
Mi aiuta poco il silenzio della notte, la lunghissima fila di frontali accese che superato il primo ristoro sale a Forcella Son Forca è immersa in un silenzio irreale, ognuno avvolto nei suoi pensieri, solo il rumore di scarpe e bastoncini che delicatamente scaricano la forza a terra per conquistare il dislivello. La mia ricerca di trovare un dialogo con qualcuno rimane vana, sono circondato da stranieri, tantissimi polacchi, francesi a bizzeffe, ungheresi, croati, una norvegese, inglesi. Ok ok, sono un minoranza etnica ed è meglio evitare di sfoggiare il mio inglese maccheronico, ho così tanto sonno che fatico a tenere gli occhi aperti, figuriamoci per le traduzioni!! Testa bassa ed ancora su.
Alla forcella perdo volentieri qualche minuto, spengo la frontale ed alzo il naso verso lo zenit, il cielo stellato è una cosa meravigliosa e riempie tutta la volta celeste. Ecco, fermandomi ora prenderei uno sdraio e lo potrei ammirare fino al crepuscolo... Nooo, avanti invece. Giù veloce fino al Tre Croci preparandomi già per gettare la spugna a  Federavecchia, ho già il telefono in mano per chiamare la mia assistenza gara dicendo che se ne stia a letto che rientro con la navetta, ma il pensiero come viene se ne va forse per la concentrazione richiesta a schivare sassi e radici nelle discesa.
Una brevissima tappa e riparto, principalmente per mantenere alta la temperatura corporea, il freddo arrivato durante la notte, a differenza di quanto previsto, chi ha tenuto compagnia sotto forma di un leggero e costante vento gelido, ed è meglio evitare spiacevoli inconvenienti.
Prossima tappa Misurina, sto ancora andando avanti ma solo per il motivo del freddo accennato poc'anzi. Tra pochi chilometri arriverò punto radio e basta, getto la spugna, così almeno do la soddisfazione a queste paranoie di lasciarmi in pace perché è tutta la notte che vanno avanti a tormentarmi e sinceramente vorrei concentrarmi su qualcosa di più carino. Inizia ad albeggiare! Quel che ci circonda finalmente prende forma, i colori tingono le superfici e si aprono dei panorami mozzafiato sulle Dolomiti, che si svegliano lasciano i fondovalle ancora avvolti da una debole nebbia. Finalmente corriamo in maniera più decisa sul sentiero, osservando bene gli ostacoli, e tra una scivolata sul fango e qualche salto tra le radici siamo a Misurina.
Le montagne che si specchiano sul lago ti riempiono gli occhi da tutta la loro bellezza. Bel quadretto da ammirare comodamente tutto il giorno seduto su una panchina. Ci sono pure mamma anatra ed un bel gruppetto di anatroccoli nati da poco che giocano spensierati, lì senza dover fare fatiche disumane per niente. L'altimetro indica 2100 m D+ accumulati, ne mancano 3700...meglio guardare i cerchi nell'acqua.
"Fede bon mi ritiro, ho male e non ha più senso niente"
"Va avanti e tasi"
"Va ben ma arrivo giusto all'Auronzo per vedere le Tre Cime e salgo sulla navetta"
LA RINASCITA
Salgo sempre con agilità e pian piano il fastidio al piede si allevia lasciando finalmente spazio alla fantasia di pensare alle più grandi idee che nascono in questi momenti e soprattutto tenere gli occhi più "staccati" da terra ammirando tutto quel che ho attorno. Arrivano i primi raggi di sole a scaldare la pelle, un momento magico durante le gare al finire della notte, l'istante da cui è possibile fare un reset. E poi sono in uno dei posti che mi piace di più, ho davanti il fianco della cima piccola e a pochi minuti il rifugio Auronzo dove si trova il ristoro.
Colazione con la pasta in brodo, il piatto più buono che possa desiderare alle sette di mattina. Una sbrancata di dolcetti, un paio di bicchieri d cocacola e la colazione da campioni è fatta!!
Riparto a bomba!
Salgo forcella Lavaredo fischiettando, ascolto la caviglia che è sempre più sotto controllo e finalmente mi distraggo scattando qualche bella foto, si ma in fretta però così cerco di recuperare le paturnie di prima liberando la mente e facendo girare le gambe a dovere (sempre al ritmo bradipo logicamente!!). Finalmente comincio a fare valutazioni positive sulla distanza mancante e complice il cielo azzurro senza neppure una nuvola il pensiero lentamente diventa "dai che arrivo senza prendere acqua..."
Giù al lago di Landro a passo deciso, vengo distratto solo dalla mia ombra che proiettata esattamente di fonte interferisce con la visibilità dei sassi, dovendo "leggere" il terreno un metro più avanti e tenendo memorizzati tutti i continui ostacoli evitando rovinose cadute.
Costeggiamo il lago di Landro raggiungendo la ciclabile che porterà Cimabanche. Una lenta e continua salita tenuta a ritmo costante assieme a Marcel, alternandoci la posizione in pochi chilometri recuperiamo poco meno di centocinquanta posizioni. Guardo il mio nuovo amico e lo ringrazio per il lavoro di squadra
"I follow you from 12 kilometers and it was a good rhythm". 
...vedi un po' che l'ho pure tirato in Fiscalina!!
Dai, metà gara superata, il risveglio dei sensi è miracolosamente arrivato, mangio qualcosa, mi cambio, una bella spalmata di crema da sole come fosse malta data a cazzuola su una parete e la salita a Croda Rossa è li che ci aspetta.
LA GARA
Risaluto Federica che ormai si è già tirata due scatole quadrate a seguirmi a zonzo per le valli dolomitiche e concordiamo l'orario per il ritrovo a Col Gallina. Sono le 10 minuto più minuto meno, due rapidi conti, alle 15 arrivo, ricorreggo subito, l'ho sparata grossa pensando di raggiungere il Falzarego in 5 ore, sicuramente 7 sarebbero una previsione più realistica. Alle tre e mezza son su, ciao!
La strada sterrata che porta a Croda Rossa è deliziosa, un piacevole itinerario turistico da escursione domenicale ovvero per una gitarella in bici. Con questo spirito affronto i prossimi terribili 500 metri di dislivello sotto un sole che comincia a diventare fastidioso, calpestando più possibile le ombre dei pini proiettate sul percorso, distraendomi ammirando il favoloso paesaggio aspettando l'inizio della discesa a Ra Stua dove il ristoro del 76esimo chilometro finalmente ci darà la carica giusta con l'ennesima pastina in brodo, deliziosa con quasi 30 gradi (credo) fuori. E lì mentre ciarlo con le signorine che con una gentilezza unica ci riempiono borracce e ci sfamano come fossimo appena tornati dalla guerra, mi giro ed ecco il caro Diego!! Ci siamo conosciuti sul Monte Bianco tre anni fa e lì è nata una bella amicizia anche se le occasioni per vederci sono mancate dopo quel saluto al ristoro di Champex-Lac in Svizzera, ecco forse è il momento di riprendere la gara assieme, voglio recuperare tempo e parto prima "ci vediamo dopo". Giù a bomba lungo un breve tratto, volendo anche tecnico affrontandolo con brio, fino ad una fontana (chiusa) dove c'è una simpatica ragazza che con una tanica d'acqua fa il rabbocco alle scorte idriche prima di affrontare la terribile Val Travenanzes. Chiudo il tappo ed alle spalle sento "allora, inizia qui la salita?". Diego, bene, si parte assieme con ritmo molto conservativo, chiacchierando del più e del meno, ammirando le Tofane ed i torrenti che corrono sul fondovalle, di un colore quasi magnetico, che il desiderio di tuffarsi diventa predominante rispetto alla corsa, forse anche per placare questo caldo sempre più soffocante.
Qui comincia la vera gara, un lungo fondovalle di una decina di chilometri per un migliaio di metri di dislivello, inizialmente sale in modo dolce, attraversando un paesaggio fatato tra boschi, fiori, cascate, per attraversare verso la metà una pianura fluviale che con le giornate di sole diventa una griglia di sassi ardenti ed i due guadi necessari per proseguire sono un toccasana di acqua gelida qui piedi. Ed appena ti adagi alla monotonia della pianura ecco il colpo di grazia finale su una salita che sembra senza fine fino a Col dei Bos poco al di sotto dei 2400 metri di quota, dove quella tenda gialla del soccorso alpino sembra la meta di una vetta himalayana. Bè in effetti a dislivelli quasi ci siamo, 4500 e rotti di positivo fino ad ora. 
Guardo Diego e lo vedo in forma, ottimo segno, ripartiamo lentamente per aumentare il passo in progressione e le gambe girano bene anche in discesa, bingo! Il momento che temevo di più è passato ed ora ci aspetta solo il ristoro di Col Gallina, raggiunto dopo aver ammirato rapidamente la Marmolada ed il suo ghiacciaio in continuo ritiro.
Che ore sono? Le quattro. Però!! Ci meritiamo il ristoro, doppia dose di pasta in brodo, senza contare le altre schifezze. Tappa velocissima, cambio maglia, una veloce controllata alle condizioni meteo che sembrano in agguato su questa bella giornata di festa, lanciando i primi segnali con un vento gelido accompagnato da qualche boato di sottofondo che in realtà mi piace tanto pensare sia come sempre il rumore di un aereo a reazione. Proseguiamo sempre ad un buon ritmo fino all'Averau dove all'orizzonte due fulmini in rapida sequenza raggiungono il suolo. 
IL PANICO
Un nodo alla gola ed una serie di immagini della LUT dello scorso anno mi si presentano davanti, è troppo presto per la pioggia, ora no, sono le 17 ed il temporale estivo arriva dopo (ndr: lo scorso anno infatti qui transitavo tre orette dopo). Sono nervoso ed incazzato, Diego si cambia registro ora e voliamo sulla discesa per poi risalire sotto le parti del Giau, corriamo dappertutto, salite comprese, come se i 100 chilometri già accumulati sulle gambe non fossero affar nostro. Si aggiunge a noi Fabrizio, un ragazzo di Udine, un fortissimo top runner che una gara come questa la chiuderebbe in 14 ore, ma oggi il caldo e qualche acciacco gli hanno giocato un brutto scherzo e tiene il passo dei più lenti, trasmettendo motivazione e sicurezza. 
Inizia a piovere, ecco la fotocopia dello scorso anno, sulla stradina che conduce al rifugio me ne infischio delle pietre scivolose e vado a tutta fino al gazebo del ristoro, che spunta improvvisamente dalla nebbia. E' già pieno di gente ferma e manca lo spazio minino per potersi cambiare indossando la giacca da pioggia.
Ed ora cosa si fa?? Bè mi fermo chiaro!!! 
"no, andiamo avanti veloci" ;"Michele basta mangiare pane e salame" ; "dai dai dai".
Fantastici compagni di squadra motivatori, sono con voi, e dopo pochi centinaia di metri, cambiando versante oltre la piccola forcella ecco il sole. Mi faccio una gran risata pensando che se fossi stato da solo sarei rimasto lì!
LA GIOIA
Ora ridiamo e scherziamo, magari in silenzio per risparmiare fiato ed energie sul "muro" della Forcella Giù, ma da lì in avanti, correndo sui prati di Mondeval iniziamo a tirare le scommesse "dai che arriviamo che fa ancora chiaro" e la distanza dall'arrivo si accorcia mentre la nostra gioia aumenta esponenzialmente. Ultima salitina ed ecco a tiro il rifugio Croda da Lago! Un paninazzo al salame ammirando le montagne che si specchiano sul pelo dell'acqua ce lo facciamo mancare? Assolutamente no, mentre il mio amico top runner mi guarda dubbioso. E di personaggi forti qui c'è anche Enrico, un giovane talento del trail impegnato a fare il tifo agli amici di passaggio.
Ultimi chilometri, ultime discese, il momento malinconico tipico del fine gara si fa sentire, anche se correndo su questo morbido sottobosco a tratti reso scivoloso dal fango i piedi lanciano qualche segnale che forse è ora di togliere le scarpe. 
La città si avvicina, quanto bella è ora Cortina dopo questa avventura che ci ha portato in lungo ed in largo a calpestare 120 km di Dolomiti qui attorno, riempiendoci occhi e cuore di emozioni e posti da favola.
"dai che stiamo sotto le 22 ore" 
E chi è il bischero che dice una frase sconnessa del genere? Si accelera, ultimo punto di controllo, nel sottobosco inizia a fare buio ma di lì a poco ci ritroviamo nella civiltà cominciando a calpestare l'asfalto che trasmette tramite le suola delle scarpe una certa inadeguatezza al contesto urbano.
Ponte sul boite. "Diego, hai idea di correre anche la salita o molliamo?" Bon, tutto chiaro senza udire risposta.
Svoltiamo a destra, il tifo ed il calore della gente è una cosa favolosa, tra due ali di folla attraversiamo Corso Italia, i bambini ci tendono le mani, si sentono applausi da ogni angolo, ed ecco il traguardo!
Lavaredo Ultra Trail, un viaggio favoloso di 120 chilometri con 5850 metri di dislivello positivo, portata a termine grazie al supporto della mia assistente gara, di Diego e Fabrizio, dei tanti amici lungo il percorso che facevano il tifo, di chi mi seguiva più comodamente da casa, che mi hanno dato la carica e la motivazione giusta che la sera prima mancava.
Avrei trascorso volentieri qualche ora con tutti gli amici visti solo di sfuggita alla partenza e poi persi "nel traffico", ma ci rifaremo!





























































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