venerdì 29 agosto 2014

CCC 2014

CC così si chiamerà questo breve racconto, ovvero il diminutivo di CCC (Courmayeur Chamepex Chamonix), poiché l’ultimo tratto che mi avrebbe riportato verso la Francia lo immaginavo mentre, piegato in due seduto su una panca al punto di ristoro di Champex Lac, mi guardavo con una terribile malinconia il pettorale ancora legato alla cintura e sentivo un subbuglio sullo stomaco che neppure la minestra, il te caldo e la coca sono riusciti a sciogliere. Metto la maglia termica, indosso la giacca impermeabile, accendo la frontale, esco dal tendone...e rientro, mi ritiro. Troppo pericoloso, non solo per me, salire di notte in montagna sotto la pioggia può voler dire mettere a repentaglio anche la sicurezza di chi probabilmente dovrà venire a prendermi appena mi verrà una crisi ipoglicemica e sarò bloccato in mezzo al sentiero. Un anno di lavoro bruciato per un banale blocco allo stomaco e la rabbia al tempo stesso di sentirsi in perfetta forma. Cosa dire, lo porterò a termine più avanti.
Ma torniamo indietro. Mercoledì mattina, accendo l’auto e si parte, i chilometri passano, Vicenza, Verona, Milano, zio bel che longa, sfioriamo Torino e su ad Aosta, dai che forse ci siamo. Inizia la valle, vedo già le montagne differenti e la conformazione rocciosa molto differente dalla nostra per colori pieghe e dimensioni, i luoghi sebbene li stia guardando dall’autostrada devo dire che mi piacciono molto. Fa strano vedere così tanti prati in montagna a queste quote. Si intravedono le prime case con i tetti in ardesia, mi affascinano decisamente di più dei coppi e tegole delle nostre parti.
Le montagne iniziano ad apparire in tutta la loro imponenza e molte delle cime sono ancora bianche, una meraviglia ad agosto avere ancora tutta questa neve! Ammirando il panorama eccoci alle porte di Courmayeur, dopo “solo” 500 km di strada finalmente la destinazione è raggiunta. Il tempo è meraviglioso e la temperatura molto gradevole per essere a più di 1200 mslm. Una veloce doccia in albergo e poi comincia l’esplorazione del paese. Guarda caso poco dopo alcuni centinaia di metri ecco apparire lo striscione della partenza, l’emozione sale, ci siamo!! Il monte Bianco è lì davanti che mi guarda, è da inizio anno che aspetto questo momento e finalmente è arrivato. Il centro è molto carino, il tipico paese di montagna con una “leggera” propensione per il turismo esaltata da una miriade di negozietti, soprattutto sportivi ed in aria di saldi, che costringono ad una tappa dietro l’altra. Si respira un atmosfera italiana sebbene ci troviamo in una regione autonoma a poca distanza dal confine.
Giovedì mattina, giretto veloce a Courmayeur per un veloce shopping mentre aspettiamo la corriera per Chamonix. Inizio già a conoscere alcuni concorrenti che il giorno seguente saranno assieme a me alla partenza, a conti fatti attorno al massiccio si è portato mezzo mondo, da 77 nazioni arrivano per fare una corsa in montagna, sono cose da pazzi se ci si pensa bene. Le 5 gare in programma calamitano qui oltre 7000 atleti, e dal lato francese del Monte Bianco si nota decisamente di più, sembra di essere a Riccione il giorno di ferragosto, tutti qui con la stessa passione, si respira aria di passione per la corsa in montagna, tutti con l’obiettivo di fare la loro gara. I top runner per migliorare i loro tempi e magari entrare nell’albo assieme a nomi internazioni del trail running.
Mi accodo al ritiro pettorali, la fila è lunga mi si avanza rapidamente, l’organizzazione è impeccabile e tutto gira perfettamente: controllo documento di identità , consegna modulo da firmare sottoscrizione che per tutta la gara si avrà il materiale obbligatorio, verifica dello stesso, dal telefono di emergenza alle cuciture della giacca impermeabile, senza lasciare niente al caso. Si continua con il posizionamento del microchip allo zaino ed al ritiro dei gadget. Tutto funziona come una catena di montaggio giapponese. L’unico problema è la lingua. Parlate solo italiano? Bene, siete (quasi) morti. Sapete il francese? Ringraziate gli anni di scuola passati. Inglese? Così così, ve la potete cavare ma non sperateci troppo che il vostro interlocutore di nazionalità francese lo parli. Un fatto curioso quando ritirando i sacchetti dei “rifiuti”, tra il mio inglese arrugginito ed il ragazzo che me li ha consegnati, ne è uscita una frase codificata più o meno in questo modo: “questi li usi quando fai i tuoi bisogni in montagna”. Oh yes, i will do. E tra me e me e penso che qui son fuori di testa!! Forse meglio usarli per le carte di gel e barrette 
Un buon pranzo facendo attenzione a non farsi spennare troppo e poi via per un tour tra decine e decine di bancarelle dove è possibile trovare praticamente tutto quello che vi possa servire per il trail running! Il paragone giusto è come tornare bambini ed entrare un negozio di giocattoli, tutto distribuito in casette come quelle dei mercatini di Natale, ci mancano solo le renne sellate Salomon e siamo a posto.
Tra un giro e l’altro del paese è d’obbligo guardare gli arrivi dei concorrenti della OCC e TDS, ti da una carica impressionante, fino ad oggi ho consumato i canali di youtube guardando questa strada piena di gente e striscioni. Mi emoziono non poco, domani passerò qui in mezzo anch’io!! (evito l’imprecazione)
Dopo aver passato una gran bella giornata, scaldati da un sole favoloso, rientriamo a Courmayeur sempre con i bus dell’organizzazione, una buona cena con tipica cucina italiana a base di carboidrati e poi, dopo un ultimo controllo al materiale, si vola a letto.
Venerdì mattina. Mi alzo alle 6 e balzo dal letto per guardare com’è la situazione fuori. Grigio, molto coperto, caxxo! No problem, le previsioni danno pioggia per il pomeriggio, partiamo così e poi si vedrà. Sistemo le ultime cose, colazione senza esagerare altrimenti alla prima salita mi devono tirare con il verricello, e poi via, lascio l’albergo e dopo alcuni minuti sono lì, consegna sacche ed entro nella gabbia. Trovo Diego e Marco, conosciuti il giorno prima, parto assieme a loro così mi faccio tirare.
La tensione inizia a salire, la strada si riempie sempre di più, si avvicinano le 9, i top runner nella prima gabbia sono pronti, la musica sale. E’ da inizio anno che la suoneria della mia sveglia è la colonna sonora dei Vangelis, ora sono qui. Pelle d’oca!! Via con gli inni nazionali di Francia Italia e Svizzera e poi via…i primi partono. Ancora 10 minuti. Ancora musica a bomba dagli altoparlanti, “Dix, neuf, huit, sept, six, cinq, quatre, trois, deux, un”, si parte!! Un rapido giro attorno al centro del paese per disperdere la massa e subito si parte in salita, un paio di chilometri su asfalto per scaldare pian piano le gambe per poi entrare nel sottobosco. Alcuni saliscendi ci accompagnano dolcemente fino alle rampe più serie che fanno capire che qui non si scherza. Alcuni piccoli guadi interrompono la monotonia per poi lasciarci ad alcuni strappi pressoché infiniti che ci proiettano in pochi km a Tête de la Tronche (2584 m), accolti da un tifo che solo vivendolo ti rendi conto di com’è, ci sono persone sedute a fianco del sentiero che aspettano, leggono il tuo nome sul pettorale e ti incitano, sentire “Michele alè alè alè” (da notare che in francese si legge Michelle) ti da una grande carica, e così per ogni atleta che passava. E poi i campanacci delle mucche suonati all’infinito. Raggiunta la cima si inizia a correre, tranquilli su un bel percorso morbido, con sentieri larghi che lasciano a tutti la possibilità di scegliere il proprio ritmo e di sorpassarsi senza problemi. Arrivo rapidamente al rifugio Bertone e ritrovo gli amici Marco e Diego. Rapida pausa e riprendiamo verso il rifugio Bonatti, il paesaggio è strano, mi trovo a quote così alte e la vegetazione è completamente diversa da come sono abituato, ancora piante ad alto fusto, cespugli con foglie larghe…e poche pietre! Viaggiamo sempre su morbidi sentieri, che rispetto a quelli dolomitici danno l’impressione di essere su un autostrada. Poco dopo inizia la pioggia, giusto il tempo di mettere la giacca ed il sole ritorna da noi. E vai che le previsioni sbagliano!! Ad un attraversamento di un guado vengo distratto da un ragazzo che è lì fermo, seduto con un piede in acqua. Cavolo, una slogatura a poco più di una decina di chilometri dalla partenza deve essere una maledizione, mi sento male per lui.
Rifugio Bonatti, giusto il tempo di un paio di foto, bere e si riparte, di buon passo siamo ad Arnuva. Alcuni minuti per ristorasi facendo due risate con un ragazzo Canadese, gli dico che in confronto al suo viaggio i miei 500 km per arrivare qui sono come uscire dalla posta di casa e scendere in piazza. Avanti, inizia la salita al Grand Col Ferret (2537 m) che ci porterà in Svizzera. Eh, qui il gioco inizia a farsi duro, ma con la mia calma cerco la marcia giusta e senza calare il ritmo entro nel territorio degli amici svizzeri! Il panorama quassù è una cosa meravigliosa. Prima o poi ci si deve tornare per un trekking, gustando ed ammirando con calma tutto quello che ci circonda. La vista che spazia tra Italia e Svizzera è mozzafiato!
Alcune foto di rito, due chiacchiere con chi incontro e giù, inizia la lunghissima discesa per la Fouly. Metto le gambe quasi in folle, evito di frenare per risparmiare le ginocchia e spingo quel minimo che serve per viaggiare sciolto, la pendenza è ottima e mi diverto un sacco. Giù, giù, giù, non finisce mai, ogni tanto guardo l’altimetro per fare una stima della mia posizione. Sono con altri ragazzi, mi sembra un cileno, francesi a iosa e ci divertiamo scendendo. Oltretutto sto lodando le slab softground, mi sembra di avere dei cingoli al posto dei piedi, perfette.
Alcuni saliscendi per spezzare il ritmo ed eccoci a La Fouly. Chi di voi ha letto libri di corsa in montagna ha sicuramente già sentito il nome di questo paese. Già respiro l’atmosfera vedendo i bambini emozionati nel vedere uscire dal bosco tutti questi scalmanati. Ed eccoci vicino al ristoro, un ragazzo assieme a me esclama: “attenzione al tifo”, alza le mani e subito parte un applauso con incitazioni da credo una cinquantina di persone ai bordi delle transenne prima dell’ingresso all’area ristoro. Mi sento una star!!
Qui ritrovo Marco e Diego, che mi avevano seminato prima di attraversare il confine, e ripartiamo assieme per il prossimo controllo. Poco dopo inizia a piovere, ed usiamoli questi materiali super tecnici che occupano volume nello zaino, due gocce non fermano nessuno, testa bassa, cappuccio su e via… Ed il tifo è sempre presente, chi sotto gli alberi, chi al coperto seduto sui paraurti posteriori riparato dal portellone del bagagliaio a mò di tettoia. Alè Alè Alè
Champex Lac in vista, circa 400 metri di dislivello, ci aspetta l’assistenza tecnica per cambiarci, consumare un buon pasto caldo, recuperare le energie e proseguire il percorso. Ho dato a Gloria uno zaino con tutto quel che mi serve.
Inizio la salita. Dopo 200 metri mi sento stanco. Male, molto male, ho sempre mangiato e bevuto correttamente fino ad ora, qualcosa non funziona. Un peso sullo stomaco. Porca vacca non sto assimilando quel che ho mangiato prima. Bene, sono cazzi ma stiamo tranquilli. Faticando come pochi arrivo al ristoro di Champex, mi cambio, mangio una buona minestrina di brodo calda…e niente. Un paio di te caldi, zero. Aspetto. Proviamo qualche coca. Nulla. Sto sempre tranquillo. Gli amici ripartono.
E qui torniamo all’inizio del racconto, devo rimanere ancora fermo. Sto fermo praticamente 3 ore, come già detto mangio un buon piatto di pasta, indosso la maglia termica, la giacca, accendo la frontale, esco…e rientro. Dove voglio andare così? Mi aspettano quasi 1000 D+ per raggiungere il prossimo punto, piove. Ragionando in maniera razionale ed obiettiva in queste condizioni dubito di riuscire a farne solamente la metà e nella peggiore delle ipotesi poi qualcuno dovrà venire su a prendermi.
Vado al punto ritiro e consegno il chip dello zaino, mi tagliano il pettorale. Mi sento sconfitto!! Come venire bocciati ad un esame all’università. No, è ancora peggio. Questa doveva essere una grande avventura, di un normalissimo (apprendista) atleta che vuole tagliare quel traguardo visto il giorno prima, visto tanto volte sul pc, passando attraverso ali di folla, assaporando un clima che solo qui si respira. Mi crolla un sogno. Lasciare le cose così, a metà, mi rode. E non poco. Pensiamo ad altro va…
Il rientro a Chamonix è avvenuto nel peggiore dei modi, in corriera!! Oltre agli accompagnatori che fanno spola tra i vari punti di supporto incrocio gli sguardi di altri che hanno dovuto gettare la spugna, visi spenti, malinconici, che fissano le gocce di pioggia che cade sulle vetrate del bus.
Passato il confine francese, a Valloncine, tappa obbligata sono dovuto scendere al volo e liberare lo stomaco nel primo posto che trovavo, una deliziosa fiorera davanti al municipio, sotto lo sguardo incredulo di due simpatici vecchietti. A Chamonix ritiro il mio materiale, mi sistemo e rientro in corriera a Courmyeur. Qui finisce la mia avventura.
Devo ringraziare tutti per il grande supporto che mi avete dato nei giorni della gara, siete stati incredibili e mi avete dato un grandissimo sostegno.
Il prossimo anno consiglio a chi vuole fare una bella gara ultra di iscriversi, ovvero tentare la soste ed essere estratti, il clima che si respira, il tifo spettacolare e l’organizzazione perfetta rendono tutto unico!!

































































Nessun commento:

Posta un commento