venerdì 28 agosto 2015

CCC

E finalmente quest'anno posso aggiungere anche la terza C!
Ovvero tutto il percorso da Courmayeur a Chamonix passando per Champex-Lac, dove haimé lo scorso anno fui costretto al ritiro per colpa di un maledetto mal di stomaco.
La tensione fin dalla settimana precedente era alta, troppo. Sentivo addosso un carico di aspettative altissimo nei confronti di me stesso e la paura che tutto fosse un fac simile del 2014 mi faceva passare le notti insonni.
Partiamo da zero!
Partenza il martedì, per acclimatarsi meglio in quel di Courmayeur, precisamente in un bel campeggio in Val Ferret, dove la calma regna sovrana, si sentono solamente i rumori della natura (il fiume anche un po' troppo a dire il vero) e la mattina ci si sveglia con dei panorami mozzafiato.




Il pomeriggio veloce gita turistica a Chamonix, a guardare (toccando ferro) l'arrivo, già allestito per la gare che durante tutta la settimana arriveranno in quella piazza, dove da più di un anno sogno di arrivare!!
Giretto al mercatino del trail. Immaginate un bambino in un negozio di caramelle oppure al luna park, ecco, in questa settimana Chamonix rappresenta questo per ogni appassionato di montagna.







e rientro con un bel Buff ricordo personalizzato :)






Rientrati a Courmayeur, io e Silvia, che ci ha tenuto compagnia dall'inizio del nostro viaggio, cosa decidiamo di fare?
Si va a correre!!
Esplorare anche se per pochi km la Val Ferret è meraviglioso, ci proiettiamo con un paio di giorni di anticipo in quello che sarà il nostro scenario nella prima parte della corsa. Respirando aria ottima accompagnati da un cielo limpido che ci fa vedere in lontananza in maniera nitida le enormi pareti del Monte Bianco.


Giovedì. Eccoci alla vigilia. La tensione oltre che a sentirmi sta diventando palpabile. Ed è molto male perché si rischia di rovinare tutto perdendo la lucidità necessaria per raggiungere una buona concentrazione.
Bon, distraiamoci. Si va in gita sul ghiacciaio :) Ad inizio estate è stata inaugurata la nuova funivia che da Courmayeur porta fin sul ghiacciaio del Monte Bianco. È stata anche soprannominata l'ottava meraviglia del mondo. Una ventina di minuti di salita, facendo il cambio a circa metà percorso, e ci si trova proiettati ai 3500 metri di quota di Punta Helbronner. (guardate qusto link se volete farvi un tour virtuale http://www.montebianco.com/)
Sembra quasi di toccare le cime con un dito da qui tanto sembrano vicine ed al tempo stesso incutono un certo timore, una sensazione di imponenza.
Al tempo stesso ci si sente sul tetto del mondo (detto a bassa voce) osservando quasi tutte le cime attorno più in basso di noi. Oppure vedere in lontananza il Cervino ed il Monte Rosa lì davanti...
Con un comodo ascensore (qui non si scherza con la tecnologia eh) ed un tunnel interni si scende fino al rifugio Torino, ora in fase di ristrutturazione, e ci si può avventurare sul ghiacciaio...un po' a rischio e pericolo come dicono i cartelli. Effettivamente fa sempre strano vedere persone quasi in ciabatte in un ecosistema un tantino differente da quelle che potrebbero essere le loro consuete esperienze in montagna. Meglio che stia zitto perché pure io sono qui con le scarpe da ginnastica...e da strada, neppure da montagna. Però un brevissima scampagnata per toccare la neve e scattare qualche foto non me la sono certo fatta mancare!





















Di nuovo a Courmayeur ed eccoci al ritiro pettorali. Ora la tensione passa da palpabile e pesante!!
Controllo materiale obbligatorio ok, chip sullo ziano, braccialetto al polso tipo quelli degli all inclusive dei villaggi turistici con i quali ti puoi disintegrare a mangiare e bere 24 ore su 24 7 su 7. Solamente che qui altro che gitarella rilassante in qualche angolino sperduto del mediterraneo a desfarse de alcolici...qui andiamo a desfarse e basta :)
Ed eccolo qui. IL pettorale. Pronto per essere agganciato alla cintura e farsi portare a spasso attorno al Monte Bianco.


Usciamo con tutto il nostro bel materiale e troviamo alcuni top runner con cui scambiamo due parole. L'amico Giuliano Cavallo (che sarà il primo italiano, settimo assoluto!) ci racconta di essere preparato per chiuderla in 12 ore. Con la mente mi proietto quindi alle ore 21 del giorno gara. Si, lui sarà all'arrivo ed io probabilmente a mangiare il brodo al ristoro...di metà percorso!!
Ridiamo e scherziamo una mezz'oretta e poi si rientra per preparare tutto il materiale nel minimo dettaglio per il giorno successivo.
L'incognita meteo ormai è superata, le previsioni danno bello e molto caldo. Per sicurezza partirò con più acqua del previsto ed alcuni sali minerali extra per evitare di disidratarmi troppo.
Venerdì 28 agosto. Ci siamo. Sveglia presto, anche se ormai sono sveglio dalle 3. Il tempo è favoloso, una rapida occhiata al monte Bianco, che è lì maestoso in tutta la sua bellezza. Colazione abbondante, ultimo controllo al materiale e si parte verso il centro di Courmayeur.
L'atmosfera festosa delle animazioni mette a proprio agio, quasi quasi mi metterei assieme al pubblico a guardare la partenza abbandonando tutti :)
Troviamo l'amico Emilio, impegnato in questa epica impresa e pian piano cerchiamo in nostro posto nella prima griglia di partenza. Si, meglio partire accodati ai professionisti così abbiamo qualche minuto in più sui cancelli orari da poter gestire.





Il tempo passa e si avvicina l'ora X. Eccoci, ad un anno di distanza ancora su questa linea di partenza, sicuramente con più allenamento, probabilmente con una maggiore consapevolezza della distanza da affrontare e con la voglia di terminare quello che lo scorso anno lasciai a metà (qui il racconto della CCC 2014).
Dieci, nove, otto....perdo già i riferimenti perché pure il conto alla rovescia è in francese...trois, deux, un, gooo. La tensione si azzera, siamo partiti, in coda al gruppo per regolarci con il passo senza farsi tirare di chi è più veloce. Tassativo risparmiare ogni goccia di energia.
Percorro con un sorriso da una guancia all'altra il centro di Courmayeur, emozionato ed al tempo stesso un po' commosso nel sentire tutto questo tifo, centinaia di persone per le strade, sembra una grande festa paesana.
Tra suoni di campanacci che ancora risuonano nelle orecchie lasciamo il centro abitato per lanciarci lungo la prima salita, inizialmente su asfalto, per passare rapidamente in un morbido percorso sottobosco che ci porta velocemente in quota.




La pendenza aumenta sempre più, fino a che la "processione" si ritrova a salire lentamente verso il primo picco, Tete De La Tronche, a quota 2548 metri. E siamo solo all'inizio!! Un bel respiro, un paio di foto al volo e ci lanciamo verso il primo ristoro.





Da Tete De La Tronche al Rifugio Bertone si corre con il Bianco davanti, che quasi ti distrae da quanto vuol farsi guardare. I sentieri sono larghi e molto veloci, intervallati da qualche leggero saliscendi dove rallentiamo per mantenere sempre ampia scorta di energie. Qualche pausa qua e la per ammirare il riflesso dei ghiacciai sulle "pose" in quota.
Inizia a suonare uno strano campanello, allarme allarme, un dolore alla parte superiore davanti della caviglia sinistra...ma che cavolo sarà mai?? Sono solo al 15esimo chilometro. La testa inizia ad annebbiarsi, un susseguirsi di pensieri negativi. Via via, scacciare subito tutto. La parola d'ordine è che a costo di arrivare strisciando, trascinandomi con le mani, domani mattina si arriva alla fine. Stop.
Chiacchiero con altri ragazzi e cerco subito di distrarmi fino al ristoro. Ricarichiamo le borracce, alcuni piccoli snack al volo ed avanti.
Cambiamo il versante della montagna, ci troviamo proprio sopra la Val Ferret, Da qui vedo il campeggio dove sono "accampato" in questi giorni, incastrato tra il fiume e le rocce sul versante opposto. Un piccolo angolo di paradiso.
Procediamo a saliscendi, riparati dalla vegetazione che ci garantisce un'ottimo sollievo fin che ci troviamo a quote "basse", siamo attorno ai 1800 metri e par un forno quassù!! Alcuni torrentelli o qualche fontana sono il massimo per immergere il berretto e la testa.
Secondo ristoro, eccoci al Rifugio Bonatti. Sfido il caldo iniziando con il primo brodo della giornata, preziosa fonte di sali e carboidrati dati dalla pastina.
Una dovuta pausa, ricarichiamo le borracce e ci lanciamo sulla breve salita che ci porterà nel punto più basso della valle, dopo aver affrontato una bella discesa a tornati.




Il tifo ad Arnuva è alle stelle. Troviamo tanti amici che seguono lungo il percorso. Lungo gli ultimi metri della discesa vedo Silvia Benedetti (il mese scorso aveva corso metà Trans d'Havet con me) e mi da una grande carica...dai che mi porta bene! La temperatura sotto il tendone del ristoro è altissima...meglio mangiare un altro brodo allora :) Ripartiamo con un buon anticipo sul cancello orario. Andare piano va bene, ma è sempre meglio tenere sotto controllo l'ora e fare delle proiezioni per gestire bene la gara senza troppe sorprese. Questo problema chiaramente i top runner se lo sognano...peccato per loro!!


Ora iniziamo a fare sul serio, si affronta la seconda dura salita che ci porterà a Col Ferrett, per entrare in Svizzera. Ma tra una ciacola e l'altra, anche assieme all'amica Silvia Carbolante che ci ha raggiunti da poco, ci gustiamo il bellissimo paesaggio che ci riporta oltre i 2500 metri di quota per passare il confine.






Il dolore alla caviglia si fa sempre sentire, cerco di trascurarlo, ma nel momento in cui il cambio di pendenza mi fa prendere velocità (in senso lato ovviamente), si fa molto insistente. Ho i brividi freddi dalla paura e calo il ritmo, lasciando andare avanti le mie compagne di viaggio. Mi spasso novità nella mente un sacco di immagini legate ad un eventuale ritiro per il dolore che sta aumentando. Devo immediatamente liberare la testa, mi fermo anche un minuto per togliere la scarpa cercare di sistemare qualcosa, non so neppure di preciso cosa, e ripartire. Ho bisogno di trovare un modo per togliere questi nefausti pensieri, provo a concentrarmi sul paesaggio, sulle mucche, sui prati verdi. Penso anche a quanti tipi di formaggio possano produrre in Svizzera e che una formetta la prenderei volentieri se ci fosse una malga aperta, nel camelbak di sicuro troverò lo spazio :)
Inizia a cigolare la scarpa sinistra, quella dove sento il male. Anche questa ci vuole. Perché la mente in molti casi si scorda la razionalità e va a cercare tutte le possibili soluzioni, sbagliate ovviamente. Ed ecco che mi trasmette il seguente messaggio: "tendine superiore infiammato dunque anche l'inferiore si è infiammato,  ed il rumore che senti non è la gomma della scarpa, ma la parete che protegge il tendine che sfrega scorrendo".
Autodiagnosi già preparata!
Mentre ascolto tutte queste cavolate che mi suggerisco da solo per fortuna ho già fatto diversi chilometri di discesa, ad un buon ritmo, con la muscolatura bella reattiva e tutte le energie per mettermi in posa nei punto foto...







E a distrarmi arriva velocemente il suono del tifo proveniente da valle de La Fully. Un paesino dove si rimane spiazzati dal calore della gente. Noi che siamo gli ultimi degli atleti per fama a livello mondiale, con dei ranking ITRA che rasentano la gravissima insufficienza, veniamo accolti come degli eroi tra una folla di applausi. In una corsa come questa l'accoglienza del pubblico e della popolazione del posto ti dà una carica che un litro di Red Bull in confronto sembra una camomilla.
Altro giro altro brodo, riposo quel che serve ed avanti ancora tra applausi di grandi e piccini. Che meraviglia questo paese! Ma ancora meglio il prossimo, anche lo scorso anno ero rimasto stregato dalle architetture e di Le Chanton (frazione di Orsieres, Svizzera). Al mio passo molto blando correvo tra delle deliziose casette immerse nel verde, prevalentemente in legno, nuove o ristrutturate. Qui troviamo anche tre o quattro ristori improvvisati dai bambini del paese, a non fermarsi sembra quasi di fargli un torto :)
Qui ci lascio un pezzettino di me, un sacco di volte i pensieri ritornano tra quelle strette stradine di un borgo di montagna con poco più di 250 anime. E chissà come sarà vivere lassù (sicuramente meglio che da noi), circondati da "giganti"...
Andemo avanti che Champex Lac si avvicina e ritornano tutti gli spettri che ho nella testa. Il piede come va? Sempre dolore ma evito di pensarci così se ne sta buono buono. Sto correndo sull'ultima discesa dove lo scorso anno iniziai ad avere il blocco di stomaco. Sto benone ma ho paura a cantar vittoria. Ecco la "rampa" che ci porterà al ristoro. Parto bene, trovo due ragazzi di roma e ci mettiamo a parlare della LUT e così metà del dislivello se ne va in un batter d'occhio. Saluto gli amici e ritrovo le mie socie con cui entriamo al ristoro di Champex Lac. Ci siamo. I miei incubi svaniscono improvvisamente.
E' ora di riposarsi un'oretta, cambiarsi per la notte che tra poco arriverà (Gloria mi segue con i bus dell'organizzazione portandomi una borsa con del materiale), mangiare a dovere per caricare energia per affrontare i 17 - 18 km che ci separano dalla prossima tappa. Una rapida controllara all'altimetria e via...esco! Subito fermato, controllo materiale obbligatorio :) Due frontali con pile di ricambio e cellulare, ok, posso partire.
E di luce da qui in avanti ne avrò proprio bisogno, anche se per ora mi godo il lungo lago "al buio", con la frontale spenta, gustandomi i riflessi del tramonto sull'acqua e dei lampioni che accompagnano il percorso. Scene romantiche in situazioni differenti!
Le luci della caratteristica località turistica di affievoliscono, sostituite subito dal potente fascio della mia lampada. Termina anche l'asfalto e riprendiamo finalmente il bosco. Trovo l'amico Maurizio, ed iniziamo una grande chiacchierata fin a buona parte della salita a La Giete, mi dispiace anche zittirlo ma ci son dei momenti in cui tenersi il fiato può essere fondamentale in vista delle incognite che si potrebbero trovare.
La morbida strada forestale presto diventa sigle track. Le pendenze aumentano, guardagnando rapidamente quota salendo su gradoni di roccia, passando sui pochi tratti piani in corrispondenza degli attraversamenti dei ruscelli. Provo ad immaginare il paesaggio, quest'acqua che scende dal massiccio con imponenza, creando canaloni e portando a valle rocce e macigni dividendo queste zone di piante ad alto fusto.
La notte ha la capacità di far lavorare a 1000 la fantasia. Puoi immaginarti tutto e se ti concentri bene, complice la stanchezza, lo vedi pure :)
Lascio in secondo piano le scende di "cosa" ci può essere sotto i passaggi più ostici, il mio senso di vertigini sicuramente sarebbe poco compatibile con strapiombi, salti, ecc... archivio subito...
Dopo una bella sfaticata ci troviamo in un enorme prato, prima di arrivare in prossimità di una malga, il paesaggio è bellissimo. Siamo sopra i 2000 metri di altitudine e davanti a noi, diverse città della Svizzera illuminate. Altra scena molto romantica, con l'amico Maurizio scherziamo sul lato negativo di trovarsi quassù non si sa per quale motivo a fare "sta cosa qui" anziché venire con qualche graziosa signorina.
Salutiamo i bovini locali e ci prepariamo per la discesa. Le gambe girano ancora benone ed andiamo via come i missili (in senso molto molto lato, per la cronaca i top runner stanno mangiando il dolce dopo cena).
Trient, ci siamo!! Il ristoro è molto animato, troviamo diversi amici e scambiamo due chiacchiere con tutti. Siamo ancora freschi, solita minestra in fretta, alcuni biscotti, un caffè (terrificante) e ripartiamo. Io e Maurizio abbiamo l'ottima idea di cambiare maglia ed indossare le giacche appena usciti. In quota fa caldo, però fermandosi mezz'oretta la temperatura corporea cala in fretta ed i vestiti umidi ti "segano" le gambe in fretta. Una bella botta di freddo subito dopo mangiato è quel che ci vuole, e allora spogliarello in piazza e si riparte!!
Prima del ristoro vedevamo la salita che ora stiamo per affrontare. Immaginate di guardare una montagna in piena notte, bella scura con la sua ombra maestosa. Metteteci tante lucine bianche in fila che si seguono tipo formiche. Ancora non ci siamo, date a questa regolare processione una pendenza diciamo "importante" Ecco quasi. Bene, noi ci mettiamo anche la fatica!!
Partiamo regolari. Da qui in poi troveremo un sacco di persone in difficoltà, chi si ferma a bordo sentiero, chi vomita dietro un albero, chi ha semplicemente esaurito le batterie. alcuni addirittura scendono. Decisamente non bene, almeno ora. Provo a mettermi nei panni di chi si ferma qui. Mesi e mesi di allenamenti bruciati, un sogno che ti si infrange davanti agli occhi.
Via via pensieri negativi. Devo solamente trovare la mia velocità di crociera costante e salire, passetti piccoli, spingere bene sui bastoncini e su. Obiettivo arrivare in cima. al resto ci si pensa dopo.
Prima di scollinare a Catogne una delle scene più belle. Mi fermo e guardo la neve del Monte Bianco illuminata dalla luna piena. attorno tutto buoi e silenzio. Un cielo che mai ho visto così bello. Rimango sempre senza parole per la bellezza che ci regala la natura.
Procediamo, la salita è più "morbida" della precedente. però sembra non finire mai, a tratti spiana per poi ricatapultarsi in alto. Ci mettiamo a correre credendo di essere arrivati al punto più alto...ed invece no, si gira versante e su di nuovo...
Finalmente il punto di controllo, segno che comincia la discesa. Ho perso Maurizio ma mi raggiungerà a fine discesa. Troviamo parecchio "traffico" qui, andiamo ancora bene e ne approfittiamo per mantenere il ritmo più alto. Ci sono più insidie da tenere in considerazione, radici, fango, radici bagnate (la peggior cosa), prudenza!!
Si sente la musica, anche Vallorcine è conquistato. Dai che siamo al km 82, ci mancano una ventina di km e poco più di 1000 m D+ da affrontare. Alle 3:30 entro al ristoro. Solita minestra con pastina. Se mi metto di impegno magari la riesco anche a caricare nel camelbak :) C'è tanto di quel formaggio a questo ristoro che mi trasformerei in un roditore (la stanchezza si fa sentire). Avrei voglia di assaggiarli tutti ma mi limito a qualche fettina per partire senza la "zavorra", che profumini però!!! Una bella ricaricata di coca cola per aumentare la lucidità e accelerare la digestione. Lo ignoro ma ho un lieve mal di stomaco, sarà stata la discesa. Mi rilasso ancora qualche minuto, ricarico l'acqua, cambio maglia e lascio a Gloria qualche indumento che ormai è inutile. Manca poco, sono le 4:00, procediamo.
Usciti dal ristoro una botta di freddo e umidità alle stelle. Memori dell'errore di prima partiamo già con la giacca. Il percorso ora sale per alcuni centinaia di metri in maniera molto dolce, costeggiando un fiume che contribuisce ad abbattere il valore di temperatura avvertita. I prati oltretutto sono saturi di rugiada.
Ci aspetta l'ultima salita. Tutti la dipingono come tra le più difficili. Avvicinandoci alla base l'idea che sia così comincia a farsi viva. Prendete la descrizione della salita precedente. Ecco, vedi prima però aumentate la pendenza della scia di frontali che salgono...aumentatela di molto. Par quasi un muro.
E di li a poco ci saremo trovati lì, a salire su gradoni naturali, scalini artificiali, piccoli appigli in ferro dove appoggiare i piedi. L'altimetro inizia a salire in maniera vertiginosa. E' veramente faticosa. Saranno gli oramai 90 km sulle gambe, l'ora tarda prima dell'alba che per la concentrazione è la peggiore. Certo è che sto iniziando silenziosamente ad imprecare! Tanti altri atleti si riposano a lato del percorso. Non esiste, pian piano si sale e basta. Se mi fermo qui mi devono venire a prendere con una gru. Ogni volta che pensi di essere arrivato ecco lo scherzetto, si scollina e dietro una nuova rampa e cosi fino a quasi 2200 metri, senza tregua.
E dove finalmente comincia per davvero a spianare alle nostre spalle il cielo si tinge i rosso. Sotto di noi in lontananza le frontali di chi da poco ha lasciato l'ultimo punto ristoro, ed all'orizzonte l'alba che ci da il buongiorno. Dalla Svizzera i primi raggi del sole allontano il buoi della notte, colorando di un rosso pastello carico tutto quello che trovano a attorno. Ecco davanti a noi il monte Bianco che passa dall'oscurità al bianco candido della neve illuminata dal sole. Anche lassù vedo qualche frontale che passa nella neve (loro sono molto più pazzi di noi) mentre raggiungono la loro cima prima che il caldo renda pericola l'ascensione nel ghiacciaio. Provo ad immedesimarmi in loro ed immaginare cosa possono vedere i loro occhi. Lascio spazio anche alla vostra immaginazione perché mi vien molto difficile trasmettervi questi momenti.



In poco tempo raggiungiamo l'ultima cima, La Tete Aux Vents,
E' fatta. Ormai il grosso del dislivello è andato e lo stato d'animo è decisamente sollevato. Mi permetto pure di fare un paio di foto in più. In questa gara mi sono limitato negli scatti, a conti fatti fermarsi una volta, e due e tre...portava via un sacco di tempo. Il grosso dei ricordi cercherò di conservarli dentro di me.





L'ultimo punto acqua ci attende, mi sento già emozionato! Eppure questi 3 - 4 km sono un calvario. Mi viene un dolore atroce alle spalle, lo tengo leggermente sollevato portando le mani nella parte alta delle spalline e allevio la pressione dei chili che mi caricano dal giorno precedente. Fatico a corricchiare in discesa per eccesso di "traffico" e questo ritmo frenato mi stanca maggiormente. 
Per fortuna in lontananza compare il grande edificio dove arriva la seggiovia, al cui fianco ci aspetta il gazebo. La gentile signorina ci accoglie per la lettura del pettorale a La Flegere, entro ed i volontari si premurano sulle nostre condizioni di salute prima di procedere per l'ultima discesa. Praticamente mi fermano per prendere un te caldo, che ci sta tutto per darsi una scaldata dopo la notte.
Mi cambio per l'ultima volta, via la giacca, indosso una maglia asciutta e via!! Ora è tutta discesa. 
Partiamo lungo le piste da sci pre deviare rapidamente lungo un sentiero pieno di radici e sassi. Qui comincio a vedere le radici che si trasformano in sassi, i sassi a forma di radici, radici ripiene di sassi. La lucidità è lievemente compromessa. a riprova di ciò sento la musica salire dal fondovalle!! Yeeee, il traguardo è vicino. Ma ascoltando bene la musica è strana. Continuano a ripetere "il gatto e la volpe" di Bennato. No, qualcosa non va. 
1) mi aspetterei o canzoni dal tenore epico come Vangelis; 
2) Sarebbe più sensato un ritmo dance moderno per la giusta carica all'arrivo; 
3) Siamo in Francia e la musica Italiana proprio no!!
Più tardi chiedo conferma ed in effetti solo io sentivo quella bella canzoncina che per un buon quarto d'ora proveniva dalla ridente località alpina ai nostri piedi.
A metà discesa attraversiamo un pittoresco B&B, migliaia di atleti correranno su questo bel cortile in ghiaia....alla volta di domenica il proprietario si troverà i solchi :)
Le ultime rampe le affronto in tutta tranquillità per arrivare a valle intero. Eccolo, l'asfalto. Da sempre tanto odiato e forse ora desiderato. Già spuntano persone che applaudono ed incitano noi poveri zombie scesi dalla montagna.
Corro verso il centro. Passo davanti ad un hotel e dalle vetrate vedo decine di persone ai tavoli, mentre vengono servite da queste giovani cameriere in divisa. Quanto vorrei essere al loro posto e mangiare un vassoio di paste e torte fatte in casa!! 
Inizia il traffico. I volontari fermano le auto per lasciarci passare, svolta a sinistra e poi a destra. Attraverso il ponte e metto i piedi su quel marciapiede. Quelle piastre pedonali. La mente mi si riempie di ricordi. Decine e decine di video visti su youtube negli anni passati, mentre i miei idoli arrivano a Chamonix proprio da questa strada. E' una bestemmia dire che mi sento come uno di loro ma mi vien la pel d'oca pensandoci. Ora qui ci sto correndo io. E non riesco a fermarmi. E' da quasi un giorno intero che vado avanti e sto ancora correndo come se fossi attorno alla campagna del mio paese. Mi divoro tutto il lungo fiume. Ecco la vigilessa che ferma nuovamente il traffico, destra, poi sinistra e ci siamo. La zona pedonale del centro di Chamonix. La zona è già in gran parte transennata, dividendoci da un susseguirsi di negozietti e locali, da questi ultimi i primi clienti della giornata che stanno facendo colazione ci incitano con applausi ed un tifo quasi da stadio. Robe da farti venire le lacrime. Ultimi tratti, aggiro l'ultimo isolato del paese, sempre accolto da un caloroso tifo delle poche persone che sono in paese a quest'ora. Ecco il lontananza lo striscione. La chiesetta sullo sfondo. Gli ultimi due anni di allenamenti per attraversare questo viale, all'interno delle transenne però, è come un sogno che si avvera. 
23 ore 30 minuti e 22 secondi, come se questi ultimi facessero la differenza. Ma neanche la mezz'ora o le altre ore. Il tempo qui diventa relativo, è stato un grande viaggio, una meravigliosa avventura corsa con tanti amici provenienti da ogni angolo del mondo.
Gli amici che già conoscevo con cui ho condiviso la tensione della gara, gli amici conosciuti qui, gli amici con cui riuscivo a comunicare con il mio sgrammaticato inglese. Gli amici francesi, spagnoli, giapponesi, coreani, argentini. 
Una gara di questo genere deve essere corsa perché è un'esperienza unica, in un contesto meraviglioso come quello del Monte Bianco, con un'accoglienza che fa sentire dal primo all'ultimo dei campioni del mondo. A stento trattieni le lacrime quando tagli questo traguardo e senti il chip che suona segnando la fine della tua corsa.
La gioia è talmente tanta che quasi non ci credi!!!










Ed ecco il tanto desiderato premio finisher.


E dopo una bella dormita tra i marciapiedi ed i comodi prati di Chamonix, attendiamo nel primo pomeriggio l'arrivo dei primi dell'UTMB. Forse un giorno qualcuno mi spiegherà come fanno ad andare così forte...e loro di sicuro si chiederanno ma come mai così tanta gente va così piano :)
Lascio la Francia con un grandissimo carico di emozioni.
Devo dire un grazie a tutti quelli che mi hanno sostenuto psicologicamente. A chi mi seguiva sul posto, a chi mi seguiva da casa sul livetrail, a chi anche per un attimo ha pensato a noi poveri esseri umani in gara giorno e notte, mandando anche un messaggino!
Oltre alle gambe per arrivare alla fine serve la testa...e tutto il vostro sostegno è stato di grande aiuto!
Au revoir Chamonix



























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