sabato 1 ottobre 2016

Morenic Trail

Penso alla frase che l'amico Placido mi disse alcuni giorni prima: "i 3 punti non te li regala nessuno". Ed è proprio così, mentre dopo il novantesimo chilometro iniziano dei "muri dove il ritmo gara tenuto prima viene letteralmente annientato, le chiacchiere ed i sorrisi da non stop diventano dei piccoli segnali per avvisare i compagni della propria presenza qualora il solo fascio della frontale nel bosco non bastasse.
E capisci che il Morenic Trail sa essere duro. Ti invoglia fin dalla mattina, quando alla partenza ad Andrate ti aspetta sola una piccola rampetta in salita e poi un lunga lunga discesa che ti costringe a mettere i freni ed accendere il "cruise control" per non andare fuori giri. Quasi trenta chilometri dove puoi "volare", pagando il caro prezzo di non tornare più indietro una volta raggiunta la pianura. E dopo un'altra buona cinquantina di chilometri su saliscendi anche corribili ecco la bomba finale lì che ti aspetta e ti presenta il conto! Sei stato bravo e ti sei comportato bene tenendo un ritmo conservativo? Bene, patirai. Hai spostato l'asticella troppo in alto? Inizieranno le pene dell'inferno.
Venerdì sera, ore 18:00 da poco passate, esco dall'ufficio e mi fiondo verso Vicenza, autostrada, direzione Milano, poi Torino. Non finisce più, il navigatore mi porta a Biella e su ad Andrate. Un grazioso paesino grande poco più di Schievenin.
Faccio alcuni passaggi alla ricerca di insegne, cartello, sponsor della gara. Il nulla. Al primo parcheggio spengo il furgone, preparo il sacco a pelo e velocemente cado in un sonno interrotto solamente da un terribile incubo. Mi sveglio alle 12:30 mentre telefono sempre a Placido che mi riempie di insulti a gara iniziata mentre ero rimasto a letto. Ok capito tutto da lì rimango sveglio fin che il via vai di auto si fa insistente. Che coincidenza, mi ero fermato proprio al centro della piazzetta dove da lì a poche ora avrebbe preso il via la corsa.
Incontro già diversi amici, ritiro il pettorale, ci si prepara ed alle 9:00 inizia il lungo viaggio. La distanza non mi spaventa per niente, l'unico incubo che mi tormenta da giorni è l'incognita meteo che dal primo pomeriggio fino a notte ha messo il disastro! E vabbé, ho lo zaino colmo di materiale antipioggia e se proprio tocca i 3 punti UTMB li porteremo a casa anche in modalità acquario.
Decimo chilometro di gara, mentre filiamo su dei piacevoli single track un volontario ci fa deviare per il bosco. "via che ci sono i calabroni". I primi atleti transitati sono stati quasi tutti punti, chi più chi meno, chi medicato poco dopo sull'ambulanza, chi già in shock anafilattico, quasi tutti da come ho capito hanno ripreso la corsa. La fortuna di essere lenti è schivarsi queste situazioni!!
Primo ristoro al quindicesimo chilometri, qualche minuto per rompere il ritmo ci vuole e pensi che buona parte delle corse sono più corte della distanza fatta fin'ora.
Il ritmo degli ultra è piacevole perché ti consente di guardarti attorno, ammirare nuovi paesi, borghi. Come in questo territorio che circonda Ivrea, ricco di laghi morenici e di castelli. Affascinante. Quei luoghi che magari vorresti visitare con calma, intanto facciamo un sopralluogo così, poi magari più avanti si tornerà per qualche giorno di vacanza!!
Al secondo ristoro non invidio affatto le prime staffette che si devono fermare solo lì, a noi mancano ancora 92 km!!!
Riparto questa volta da solo, mi ritrovo per un tratto tra vigneti e tratti di asfalto fino al primo ristoro fuori programma. La tabella segna 27 km. E cosa vedo? Una bella anguria ad attenderci. E chi se la perde. Siamo vicino al lago di Viverone, un tiepido sole ci scalda mentre riprendiamo a correre addentrandoci tra i boschi ammirando dei bei paesaggi collinari.
A questo punto della corsa inizio ad avere il passo di Luca, un amico conosciuto strada facendo, ed assieme ad altri atleti iniziamo una lunga lunga chiacchierata che finirà molte ore più tardi.
Assieme arriviamo al ristoro di Masino, dove possiamo ammirare il castello. Avremmo anche tutto il tempo per visitarlo, ma meglio proseguire va :)
Il cielo nel frattempo si fa plumbeo e dopo una decina di chilometri, attraversando l'abitato di Maglione, un borgo caratteristico per i molteplici affreschi nelle case, inizia a piovere.
Ho qualche momento di sconforto guardando il cielo. Per fortuna i volontari ad un ristoro "abusivo" ed il tifo dei cittadini ci danno la carica e ripartiamo. La temperatura è alta e lasciamo le giacche nello zaino,
Con Luca ci facciamo un sacco di risate sdrammatizzando il clima avverso, intanto respiriamo il profumo dell'autunno, correndo costeggiando i molti laghi morenici, uno addirittura privato, all'interno del parco di una bella villa da fare invidia ai molti. Ma forse anche no, pensando oggettivamente a cosa possa servire tutto ciò quando quello che ci serve probabilmente lo stiamo cercando impegnati in quello che stiamo facendo.
Raggiungiamo la cima del successivo colle, superando il paese di Moncrivello, ed ecco iniziare letteralmente la via crucis seguendo i capitelli di una strada nel bosco. I mistero, II mistero, III mistero, II mistero. Luca qualcosa non va o sbaglio? Sarò poco ferrato in materia ma ho idea vadano indietro. Che sia un segnale?? III mistero di nuovo, poi IV e via regolari fino all'ultimo. Affrontiamo quindi la discesa che ci porta velocemente a costeggiare il fiume Dora Baltea (oh tu che scendi dal Monte Bianco penso subito) iniziando il tratto forse più fastidio di tutta la corsa. Alcuni chilometri di stradina bianca che ti sfiniscono mentalmente. Gocciola ancora ma ciò non ferma chi passa di lì per farsi un giro in bici in compagnia. Mannaggia che invia vedere con quanta poca fatica si muovono i velocipedi. Stiamo correndo quasi ininterrottamente da una sessantina di chilometri, il percorso gara è starano e dal ristoro che ci aspetta tra qualche chilometro cambierà il ritmo, inizieremo lentamente il giro di boa per rientrare verso i monti.
Ed infatti usciti dopo pochi minuti per ristorarci al ristoro a Ponte Dora Baltea alcuni atleti sono già fermi a bordo strada con i crampi. Molto dura essere presi così ci diciamo e riprendiamo a correre in salita mantenendo il nostro ritmo rilassato. La pioggia continua e forziamo il passo per aumentare la temperatura corporea evitando spiacevoli mal di pancia.
Le campagne sono ormai monotone, la pioggia che cade sulle chiome degli alberi rompe il silenzio del bosco che le costeggia. A tenerci compagnia qualche trattore qua e la che schiviamo rapidamente evitando le ruote più alte di noi.
A quanto pare in queste zone la polenta va per la maggiore, campi di granoturco dappertutto, intervallati da vigneti, più presenti nei tratti montuosi.
La rampa che ci porta alla chiesa di Santo Stefano offre un panorama da cartolina sul lago di Candia. Il cielo grigio da quel tocco caratteristico, mescolato all'azzurro che dopo alcune ore di pioggia inizia a fare la sua comparsa.
Ecco al famoso "gran ristoro" finalmente. Ci viene incontro il figlio di Luca che con uno scatto felino ci supera facendoci vedere quanto più bravo è del suo babbo in velocità!! Risate miste ad un ringhio di sofferenza.
67 chilometri sono andati. Ci meritiamo una pausa seria, il ristoro è fornito di minestrone, pastasciutta, un po' di tutto il resto e dulcis in fundo per chi vuole pure i massaggi massaggi. Via lo zaino, cambio maglia e finalmente dopo 9 ore appoggio le chiappe su una sedia (scusate il francesismo). Mangio di tutto!! Tra un piatto e l'altro vado pure a rompere le scatole alla simpatica ragazza del ristoro, scopro che ha una decina di anni meno di me e dopo averla invitata a fine gara a ballare, ed avere ricevuto il classico due di picche, mi da un altro piatto di minestrone misto pasta.
Ed il tutto da quando siamo arrivati a suon di Subsonica!! Un paio di casse ed il contesto prende tutto un altro ritmo. A tratti mi perdo sulla fanciulla intenta a distribuire pietanze che cancella magicamente ogni fatica.
Quasi mezz'ora di pausa e ripartiamo, Luca saluta tutta la famiglia arrivata al completo a fargli il tifo e ci seguono due amici (entrambi Daniele) in bici che troveremo diverse volte nei successivi chilometri incrociando i nostri percorsi. Dai ci manca solo poco più di una maratona (in montagna ovviamente, perché la pianura ci da noia!)
Siamo carichi a bomba! Ripartiamo in progressione nel bosco. Al successivo ristoro a Villate la sola vista di salsicce alla piastra ci fa partire come le molle. Neppure toccate, me sono il pensiero ci fa iniziare a correre come i jet. Tra il tifo e gli applausi dei tanti bambini presenti ci rituffiamo tra i boschi.
Ricevo una telefonata, alcuni secondi e dico all'interlocutore che l'avrei richiamato quanto prima. Luca: "non gli dici che stai correndo?"  Risposta:"No, la gente non può capire cosa facciamo".
La notte inizia a farci compagni ed arriva il momento di accendere le frontali. Da questa mattina non mi sono mai curato di che ore fossero e neppure di quanta strada avessi fatto. Sul display dell'orologio come sempre solo l'altimetro per orientarmi velocemente da quel che ho memorizzato dell'altimetria del percorso gara. Il resto non conta, l'importante è vivere al 100% ogni momento.
Riconosciamo il percorso dalle balise catarifrangenti che si susseguono in maniera ininterrotta e procediamo sempre spediti fin che poco prima del ristoro di Vialfrè un profumo da costicine ci spiazza. Cosa troveremo ora?? Bave alla bocca acceleriamo per scoprire che il delizioso aroma proviene da una sagretta poco lontana, porca paletta!! Al tempo stesso mi parte in testa una molla, ho voglia di pizza e giuro che se trovo una pizzeria mi fermo!
Ci inerpichiamo nuovamente tra le colline, superando morbide creste e scendendo su veloci pendii. Il mio compagno vedo che va forte. Continua il racconto delle nostre vite, tra lavoro, hobby, famiglia, ovviamente i tanti sogni agonistici di corse con distanze a 3 cifre e dislivelli da far spavento, e ci danno motivazione per proseguire come se il tempo rimanesse fermo, tenendoci lontano dai dolori (ehm, ovviamente esclusi quelli che ci portiamo dietro già da prima del via) e senza accorgercene ci proiettiamo in una via del tutto particolare. Nel paese di Torre Canavese una via dedicata a Federico Fellini. Camminiamo e guardiamo le installazioni dedicate al regista. (Vi copio un link perché merita www.federicofellini.info/la-viassa-felliniana-a-torre-canavese-to-di-marco-datrino/ e se avrete l'occasione di passare in zona dovrà essere una tappa obbligatoria!).
Altro ristoro non segnalato sulla carta. Troviamo Andrea, lì per caso che ci accompagna per un bel tratto. La stanchezza inizia a farsi sentire e tenere la motivazione alta è d'obbligo. Al successivo ristoro mancheranno 6 o 7 chilometri che corriamo quasi tutti. E' buio pesto, nuvoloso, senza luna, la compagnia di amici mi da sollievo, i rumori che provengono dal bosco altrimenti mi terrorizzerebbero. Continuiamo a salire e scendere senza tregua, inizio a sentire la stanchezza, soprattutto le poche ore di sonno della notte precedente e la lucidità cala. Siamo giusti gusti però al ristoro del novantesimo chilometro.
Dov'è la pizza??? Niente! Neanche qui. Però due piatti di minestra in brodo sono la cosa più buona che possiamo mangiare. Ridiamo e scherziamo con tutti, ancora non so come la voce riesca ancora a tenere botta dopo tutte queste ore di chiacchiare.
Facciamo rapidamente due conti, siamo a Ponte dei Preti, chilometro 91. Ci mancano ancora più di 20 km e quasi 1000 metri di dislivello. Mentre ripartiamo con calma preparandoci al tratto che penso sarà il più duro. Una voce richiama la mai attenzione. Una signora del ristoro alle colleghe: "hey, tra poco arrivano le pizze che ho ordinato".
Mi allontano in fretta altrimenti faccio una strage!!!!
Lasciamo la strada asfaltata, subito un muro ci da il primo messaggio. Basta, non si corre più. Qui faccio perdere il ritmo ai miei compagni, forzare il ritmo nei pochi tratti pianeggianti o in leggera salita vorrebbe dire scavarmi la fossa e patire fino all'ultimo metro. Procediamo camminando a ritmo sostenuto, quanto ringrazio in questi momenti i bastoncini che porto sempre in gara. Se per quello diventano anche scomodi in un tratto che mi ricorderò a lungo, mentre salendo tra i vigneti era necessario superare un terrazzamento. La soluzione migliore? Una scala a pioli in ferro appoggiata sul muro a secco. Tutto bene fino all'ultimo scalino quando il piede fatica a trovare l'equilibrio giusto per appoggiarsi a terra e dopo un ballo simulato in aria finalmente tocco terra.
Avanti tutta, ora sono protagoniste le creste. A destra e a sinistra le luci che salgono dai fondovalle ed una brezza leggera che scavalca il pendio. E si sale, sale, sale. La voglia di parlare ci passa. testa bassa e sempre su. Quanta salita. Ecco le parole di Placido che mi scorrono davanti come i titoli in sovra impressione di un film. "i 3 punti non te li regala nessuno" Ed è così, perché prima di raggiungere il Lago di Alice dove troviamo l'ultimo ristoro ufficiale il ritmo cambia e dai quasi divertenti 100 chilometri corsi fin prima ora inizio a sentire la stanchezza.
Qualche situazione comica comincia a distrarci, incontriamo gli organizzatori alla ricerca dell'americano, pettorale 21. Si è perso e nessuno sa dove sia. Andrea l'aveva visto alcune ore prima, con una frontale dalla luce rossa (?) aggirarsi sul percorso. In un punto di passaggio successivo ci dicono ce qualcuno lo aveva trovato perso non si sa dove e di avergli dato un passaggio in auto fino a tornare indietro in un punto indefinito. Procediamo sempre più in silenzio, sempre e continuamente in salita fino all'ultimo ristoro non ufficiale. "Avete visto il numero 21?".
"No ma ci hanno detto che dovrebbe essere nel tratto precedente nel bosco".
"Ma come, se è passato qui al ristoro prima, ha bevuto due bicchieri di vino, dopo aver fatto un giro del lago (il percorso gara prevede mezzo giro di lago e l'uscita da un sentiero laterale) è tornato per bere un'altro rosso ed è ripartito".
A forza di sentire la parola vino rosso mi fiondo sulla borriglia, riempio il bicchiere e inzuppo biscotti come se non ci fosse un domani, una favola! Mancano due chilometri. A costo di arrivare ubriaco ma arrivo. Evitiamo di esagerare, salutiamo i sempre gentili volontari e andiamo verso l'ultima salita.
Ecco il paese di Brosso, la nostra meta.
Il percorso ci fa passare alla chiesa del paese, un secchio di vernice rossa è lì per poterci segnare con il colore della gara. Faccio dei decori alle scarpe, che rimanga un segno di questo Morenic Trail, ci dipingiamo il viso e corriamo gli ultimi 300 metri in discesa verso il traguardo.
Quasi 114 chilometri corsi sulle morene attorno ad Ivrea, un viaggio lungo ma meraviglioso. Tanti nuovi amici conosciuti lungo il percorso con cui condividere fatica, gioia ed emozioni.
Dopo una doccia calda ecco la tanto attesa birra bevuta in compagnia, mangiando polenta e spezzatino (sono le 3 passate di notte) tra risate e racconti della giornata appena trascorsa.
Una corsa ben organizzata, in maniera "umile", senza il clamore dei grandi eventi, dando quel tocco di genuinità sotto ogni aspetto, un grande plauso agli organizzatori. Un grazie ai tanti volontari che perdono le loro giornate facendoci da angeli custodi mentre noi siamo lì per divertirci. E dopo una notte trascorsa su una brandina al centro civico attendendo la navetta del giorno dopo per recuperare il furgone, passata tra rumori di chi russa ed il via vai degli ultimi atleti, iniziamo la giornata con una bella colazione offerta sotto il tendone in piazza. Gli atleti si aggirano per la piazzetta del paese con delle movenze da film l'alba dei morti viventi, chi zoppica, qualcuno medicato, altri solo assonnati, e tra litri di caffe, fette di pane e nutella, mi salta subito all'occhio la ragazza che dormiva vicino a me, arriva al tavolo delle bevande, prende una birra, se la beve a canna...e buongiorno a tutti!!

Mi dispiace molto non avere fatto foto questa volta, viste le previsioni meteo sono partito solo con il telefono di scorta "all'antica"




















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